In due articoli di qualche tempo fa, pubblicati dalla testata socialista L'Interferenza, sottolineavo l'importanza, ovvero l'opportunità, di passare a una politica non ortodossa, intesa come insieme di pratiche politiche del tutto avulse dalla routine che fino ad oggi ha interessato il campo della militanza. Il problema è che le cose si fanno in modo scontato, sempre uguale, a testa bassa. Si raccolgono firme senza neppure capire perché. Si compilano moduli, si fanno richieste di spazi, si comunica con volantini ed eventi, senza però capire se avranno una qualche funzione misurabile e ragionevolmente collegabile ad un obiettivo.
Nel primo articolo questa cosa appariva attraverso una sorta di grande preambolo, forse un tantino fumoso, o comunque generico. Nel secondo forse sono stato più esplicito.
Una cosa è certa: La "non ortodossia in politica" può solo passare dalla concretezza fenomenologica dell'azione, e non dalla mera descrizione a distanza di una prassi o di un atteggiamento.
Per quel che mi riguarda, un'ipotetica formazione politica del futuro dovrebbe inglobare pratiche e soggetti conformi a tale brusca inversione di tendenza. Non ho problemi a dire che una formazione del genere dovrebbe necessariamente porgere dei protocolli conformi ad una sana "scuola" di condotta politica, che sia anche veicolo di formazione interna, socialità, collaborazione, solidarietà e uniformità d'azione.
Una specie di tentativo è stato fatto, sia pure dall'esterno, con l'ormai decaduto Movimento Cinque Stelle, della cui decadenza ho peraltro parlato altrove. Ma si trattava appunto di un riempimento forzato, di un essere "innovativi a tutti i costi", senza alcuna bussola ideologica. L'esito politico di tale conato è ormai evidente: una parafrasi del nulla.
Per quel che mi riguarda, un viatico di rinnovamento dovrebbe sviluppare le seguenti idee, tutte rigorosamente non ortodosse, o comunque sviluppabili in senso non ortodosso.
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Territorio. Non può esistere politica efficace senza una sua organizzazione civile nel territorio reale, con persone reali e competenze oggettive messe in campo nell'ottica della condivisione ravvicinata.
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Basta con le teorie vetuste che non sono servite a nulla. Oggi la gente parla il linguaggio della rete, di Netflix, di Amazon e della velocità. Questo non significa svilire i messaggi. Questo, al contrario, significa sapere dove i messaggi devono agire.
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Scuola politica come momento di socialità e formazione.
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Regole chiare, rintracciabili on demand su piattaforme definite, semplici, pubblicizzate, disponibili, di facile utilizzo, con referenti a disposizione per mediare e semplificare. Sito ufficiale, forum, gruppi specifici, etc...
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Messaggi di base chiari e inequivocabili, possibilmente legati ad un'achitettura ideologica di immediata comprensione. Le "tesi" vanno benissimo, ma devono essere espressione di qualcosa che può stare in un foglio A4.
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Obiettivi misurabili, basati sulla concretezza e sulla ragionevolezza. Poche cose fatte bene.
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Un atteggiamento operativo e manageriale, orientato ai risultati oggettivi e non alle parole o agli auspici.
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Un sottoinsieme di attivisti che, per competenze e talento, si mettono a disposizione di tutti gli altri.
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To be continued...
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