working shortage

testo scritto il 01/09/2021

Workers Don’t Want Their Old Jobs on the Old Terms - “labor shortages” is a good thing, not a problem. The pandemic may have given many Americans a chance to figure out what really matters to them — and the money they were being paid for unpleasant jobs, some now realize, just wasn’t enough


Stamattina mi sono imbattuta in una discussione sulla situazione lavorativa attuale, ovvero la mancanza di incontro tra la curva di domanda e quella dell’offerta di cui tanto si è lamentato soprattutto alla ripartenza estiva, non ci sono lavoratori è colpa del reddito di cittadinanza.

Niente di più falso se si considera la percentuale di cittadini (nuclei familiari) che si affida al rdc, basterebbe solo cercare i dati e scoprire che di certo qualcuno a cui serve lavorare è rimasto, ma.
È tutto più complicato di così, quindi mettiamo da parte i titoli clickbait del new journalism e approfondiamo il malessere, questa nuova forma di presa di coscienza della classe lavorativa del tipo “preferisco la povertà alla schiavitù”.
Come sempre, visto anche l’inciso di cui sopra, tratto da un articolo pubblicato sul New York Times e scritto dall’economista Paul Krugman, dicevo, come sempre accade negli ultimi secoli, le prime avvisaglie di discrepanza culturale tra passato e presente (futuro) partono dagli Stati Uniti, possiamo stare qui ore, giorni, mesi, anni, a discutere sulla caratteristica dicotomica dell’America, ma quello che ne trarremmo sarebbe la solita vecchia cantilena: è troppo diversa, stratificata e grande per poterla rinchiudere in una categorizzazione, quindi deal with it.
Negli USA, posto in cui non hanno mai dato uno stipendio effettivo ai camerieri, la questione lavoro è tematica dominante di cui ormai si discute senza se e senza ma.
Da qualche mese anche in Italia siamo arrivati al punto in cui si grida alla mancanza di manodopera, ma come gli ultimi dati ufficiali hanno dimostrato ciò non è propriamente vero, anzi, secondo i dati dell’Inps in Italia da gennaio 2021 ci sono state 617mila assunzioni in più rispetto allo stesso periodo del 2020.
Però come ben sappiamo le statistiche sono effimere e cangianti, come delle olografie, cambiano in base al punto da cui le guardi e al risultato che vuoi ottenere, quindi giri la luce cambi angolazione un po’ e ti dicono quello che vuoi sentirti dire.
Dove sta quindi la verità? Sempre dalla parte dei lavoratori, non ci si sbaglia.
Non dico che stiamo sopravvivendo su condizioni lavorative discusse e concordate nel 1930, ma quasi, di sicuro dal 1980 quasi nulla è cambiato a momenti nemmeno gli stipendi.
You remember Scala Mobile?
Innanzitutto io stessa che ho un CCNL e quindi dovrei essere tra le più tutelate mi ritroverò un aumento indiscriminato dei prezzi e costo della vita sicuramente dal 2022, causati dalla Cina (vista soprattutto la situazione complessa di approvvigionamento, scarsità di materie prime e ritardi improponibili nelle spedizioni), sapete se non diversifichi le sedi di produzione internazionali, oggi tantissime in Asia, e ti fai mandare tutto dalla Cina, se la Cina aumenta il prezzo dei container, finchè non corri ai ripari (come?) possiamo discuterne in un altro luogo di questo), l’aumento te lo ciucci tutto e chi lo paga? Bravissimi.
E secondo voi gli stipendi saranno adeguati? Bravissimi.
Oltre che gli stipendi erano già inadeguati prima, figuriamoci tra un po’, vogliamo parlare di quanto invece sono aumentati gli stipendi dei CEO? Parliamone ancora dati alla mano:
41 million people lost their jobs in 2020 as the pandemic ravaged the U.S. economy, the most layoffs in at least two decades. But CEOs had a pretty good year. A great one, in fact, earning 351 times on average as much as the typical worker in their industry (qui)
Poco, solo 351 volte di più.
The weekend was won with no reduction in pay for workers and there was a gradual reduction in hours since then until about the 1980s. But since the 1980s working hours have not reduced at all, despite greater automation and new technology. We're overdue a reduction in working hours. (qui)
Toccando il punto, invece, delle ore lavorative (un articolo al link sopra), che nel migliore dei casi restano otto per cinque giorni a settimana, è chiaro che la regolamentazione rimasta invariata da oltre trent’anni deve essere rivista.
Non solo servono meno ore per fare le stesse cose, ma si dovrebbe rivedere radicalmente i contratti così come sono stati concepiti dai sindacati quasi un secolo fa, lavorare part time, lavorare meno lavorare tutti, turnazioni, dare spazio alla digitalizzazione che straripa dall’armadio come farebbero tutte quelle tshirt nuove che hai comprato, mentre ti ostini ad utilizzare quella vecchia coi buchi perché sei affezionato e non ti va di cambiare che hai paura del nuovo.
Digitalizzazione che porterebbe finalmente in campo molti giovani che sono specializzati nel settore ed eviterebbe perdite di tempo inutili e dannose per ogni individuo e spreco ingente di carta che io renderei legalmente perseguibile.
È chiaro ed evidente che ridurre le ore lavorative e rimettere in mano agli individui il proprio tempo li rende persone più felici, you don’t say?
La produzione resta invariata se non moltiplicata e hanno più tempo per spendere i soldi che portano a casa, per dirla in termini capitalistici:
Aumenti gli stipendi, aumenti il tempo libero, aumenti i guadagni, it’s not a difficult concept.
Riduzione di ore e regolamentazione del lavoro da remoto, che ad oggi esiste in varie forme in base a cosa fa più comodo all’azienda, ho sentito anche il concetto di mobile working, che tradotto è un altro modo per metterla nel culo al lavoratore.
in Italia le aziende stanno ancora aspettando una risposta dallo Stato in termini di legislatura del lavoro agile, voi avete visto qualcosa? Io no e lavoro in un’azienda a cui piacerebbe, almeno in questo caso, fare un passo avanti.
Il mondo della ristorazione, della logistica, dei servizi essenziali, necessita di controlli, strutturazione e tutele per i dipendenti, dovrebbe senza ombra di dubbio essere preso d’assalto dalla convenzione di ginevra, perché sfido io che un ragazzo nato negli anni ’90 oggi potrebbe prendere la decisione di chiudersi in catene per due spicci salvo che non sia davvero disperato o completamente pazzo.
Qualcuno ha visto Sorry we missed you, di Ken Loach? È un consiglio.
Poi dopo ci continueremo a lamentare che Amazon ci porta la presa schuko con un giorno di ritardo, ma almeno ci sentiremo in colpa.
Dici non vogliono lavorare, ma meno male e grazie, salvate anche noi per favore ragazzi!
Dopo quasi due anni trascorsi chiusi in casa a fare a meno di tutto, forse finalmente qualcuno ha capito che magari si può fare a meno anche di lavorare a certe condizioni? Forse qualcuno ha capito che nella vita voleva fare altro, anche intrecciare cestini e venderli ai vicini o riprendersi mentre in doccia si lava il culo usando la spugna coi piedi e postarlo su onlyfans?
Non trovo manodopera per il mio ristorante costruito abusivamente sulla spiaggia vista gabbiani e per cui pago 5€ all’anno al demanio, chiedo solo dieci ore al giorno sette giorni a settimana più straordinari nelle due centrali di agosto e pago profumatamente seicento euro al mese magari dovrebbe essere sostituito con assumo regolarmente con tutte le tutele del caso, malattie, ferie, stipendio adeguato e orario secondo contratto nazionale e partire da lì innanzitutto senza discriminazione di razza o sesso?
Se avessimo regolamentato tutti gli stranieri che chiedono documenti legali dalla notte dei tempi forse anche il problema di “ci rubano il lavoro” sarebbe risolto con “meno male che da voi state alla canna del gas così almeno ho chi mi serve ai tavoli”, ma siamo un popolo di razzisti, questa sarebbe semplice utopia.
È un discorso classista? Lo chiamerei più realista, sarebbe anche funzionale se si facesse di necessità virtù, ma anche le necessità in questo caso sono da prendere con le pinze.
Sarebbe in ogni caso un improvement per tutti, ma troppo intelligente.
È lampante come per determinate tipologie di lavoro necessitiamo di manodopera estera, non facciamo discorsi da finti buonisti, per quanto ci sia ancora l’italiano che fa il pizzaiolo, quella che fa la badante, l’oss, quello che impasta il cemento o guida la ruspa o raccoglie arance e pomodori è ovvio che saranno lavori per cui dovremmo sempre di più affidarci a chi arriva da fuori, questo per vari motivi che spero di non dovervi spiegare e quindi è anche arrivata l’ora che si smetta di fare finta che non sia così e mettere una mano anche sulla questione immigrazione in senso umano, civile, legale e burocratico.
Again, più lavorano, più guadagnano, più tempo hanno, più spendono.
Certo, la sostituzione razziale.
Anche il lavoro è un bene, un prodotto per cui c’è domanda e offerta e per cui deve esistere differenziazione, se si vuole occupare più gente possibile bisogna che ci siano più posti di lavoro possibili e non solo in termini quantitativi, ma anche e soprattutto qualitativi, le specializzazioni sono cambiate, le attitudini sono cambiate, le generazioni si evolvono e anche la realtà si sta chiaramente sdoppiando perché viviamo parallelamente nel mondo fisico e in quello virtuale e in entrambe serve la struttura digitale.
Siamo indietro, indietrissimo, in retromarcia.
Se l’istruzione fosse in linea coi tempi e pure preparasse professionalità adatte a gestire il mondo digitale il mercato del lavoro non sarebbe al passo, la stragrande maggioranza delle aziende ancora fa fatica ad abbandonare gli archivi fisici per essere banali, moltissime non hanno nemmeno ancora previsto lontanamente l’e-commerce nemmeno all’interno del gruppo stesso, digitalizzazione degli acquisti.
Stampiamo le fatture per portarle da un ufficio ad un altro, come possiamo pretendere di capire che serve un ufficio che gestisca i dati del sito quando il sito è ancora in manutenzione dal 2001 e sulla pagina facebook non c’è manco la foto sulla cover?
Le ragazzine vogliono fare le influencer, le youtuber, aprirsi un canale su twitch per far vedere le tette dipinte da unicorno rosa e noi invece di insegnare loro come gestire il mondo virtuale, fare dei corsi a scuola su diritti e doveri nell’era digitale e strutturare un pensiero anche per un domani lavorativo, che magari capiscono che esistono altri lavori nel campo anche più divertenti e remunerativi le incalziamo perché non vogliono fare le cassiere e poi le riempiamo di nozioni sul femminismo e il bodyshaming.
I ragazzi di oggi non studiano, beh convincimi che hanno torto.
Se la regolamentazione del mercato del lavoro si adeguasse e rivedesse la struttura dell'offerta per renderla attuale, in linea con le nuove necessità, generazioni e in linea con le contingenze del momento, evidentemente diverse da anche solo cinque anni fa, allora potremmo parlare di un confronto tra domanda e offerta e dissertare sui numeri.
Se invece si continua a proporre situazioni lavorative tali e quali al 1950, senza considerare necessità ambientali, parità di genere, riduzione di orario di lavoro, smartworking, turnazioni, diversificazione dei compiti per le nuove specializzazioni soprattutto digitali, attitudini delle nuove generazioni e etica, soprattutto etica lavorativa, allora ogni discorso è aria fritta.